Il viaggio è stato uno dei fenomeni più singolari della moderna cultura europea, in cui si combinavano effimero e duraturo, fatuità e gusto d’osservazione, curiosità e spirito d’avventura. A partire dal ’700 la Calabria ne diviene uno degli approdi lungo le rive del Mediterraneo. Se Lazio, Campania, Sicilia comunicano arte, vestigia di un passato glorioso che i viaggiatori visitano come complemento dello stile e del tratto personale, nella terra di Cassiodoro, Telesio e Campanella si viene per scorci mozzafiato, plaghe incolte e selvagge, un’umanità ora affettuosa ora neghittosa e losca che diventano ai loro occhi lo stigma di un’arcana suggestione. Persino il nome Calabria, così musicale e vibrante, evocava un mondo magico in cui perdersi e ritrovarsi: penetrando nel fitto di una foresta, scoprendo slarghi inaspettati, zigzagando nei vicoli senza nome, fiancheggiando le mura di terra rossa dei paesi, entrando e uscendo dalle mille porte delle case, ripartendo per sempre nuovi viaggi perigliosi ma esaltanti. A sospingere questi visitatori sin nella culla della civiltà il desiderio di penetrare a fondo un universo che molto prima di treni, aerei e navigazione su internet, si girava a piedi o a cavallo, percorrendo l’antica consolare Annia Popilia fatta costruire dai Romani, scegliendo accuratamente le stagioni per evitare gli eccessi del caldo e del freddo. Opera di sorprendente erudizione, ricca miniera di riferimenti letterari e di immagini, Sull’orlo dell’invisibile svela al lettore moderno quest’universo di grande varietà e vivacità. Lo fa per la prima volta attraverso la lente del sublime, una delle categorie estetiche più in voga tra ’700 e ’800, capace, oltre le mode e le apparenze, di incidere profondamente nella coscienza europea. Una lettura coraggiosa, sin qui lasciata solo tra parentesi dagli studiosi, che del rapporto Viaggio-Sublime hanno rifiutato i contenuti ancora troppo vaghi. Raffaele Gaetano lo mette invece a fuoco in pagine emozionanti, che qualcuno ha già definito classiche. Conservandone la tipica frammentarietà, riproducendone l’atmosfera e i contorni, riesumandone i ricordi con lo strumento formidabile della scrittura, che anche in questo suo libro è come una pellicola sensibilissima.