La Checco sente il richiamo degli archetipi junghiani, che sono alla base dei suoi versi traslucidi, casti, perlacei, lunari, che si dischiudono
come un fiore in modo ricco
e succinto, liberi e solari.
La luce è chiamata quasi da ordinatrice e come protagonista principale del libro. L’inquietudine della Checco è sotterranea, sommessa, mai sottomessa, è inquietudine teologica, salvifica e redentrice come la sua pudica angoscia rinserrata, tipica di chi cerca di fuggire dalla vita, ma sa che può farlo soltanto con l’Arte.
Paolo Arecchi